A che videogioco giochiamo?

30 Aprile 2019

Tempo di lettura: 3 min.

Le statistiche indicano che è in aumento la generazione dei “genitori gamer” (circa il 58% dei genitori italiani), ovvero di mamme e papà che condividono l’esperienza e la passione per il videogiocare, il nuovo “cortile virtuale” dei bambini.

Nonostante questo, il momento del videogioco sembra essere nell’esperienza di molti ancora come uno dei territori di dis-alleanza educativa tra genitori e figli, un detonatore di liti e conflitti familiari: più o di meno di un’ora? Prima o dopo i compiti? Prima o dopo cena? Solo nel weekend? Una o più volte nella settimana? E come? Solo giochi off-line oppure anche multiplayer in rete?

Quante negoziazioni! E se cambiassimo lo sguardo attraverso cui, come adulti guardiamo l’esperienza videoludica? Se cominciassimo a informarci di più, in maniera costruttiva e non pregiudiziale, su che cosa sono i videogiochi, su quali molteplicità di modelli, storie, linguaggi, potenzialità li caratterizzano, in una varietà sempre più articolata e complessa?

Titoli come Shine – Journey Of Light (la metafora del viaggio che inizia nel buio per giungere alla meraviglia dell’incontro), Alto’s Odyssey (una corsa su snowboard di alta qualità grafica e sonora, che introduce anche una modalità ‘Zen‘ in cui, non a caso, ci viene suggerito di indossare le cuffie), La grande storia di un trattino (tratta dall’omonimo capolavoro d’arte illustrata di Serge Bloch), Monument Valley 1 e 2 (onirico labirinto per descrivere che richiama le illusioni ottiche di Esher e il surrealismo di Magritte), Machinarium e Botanicula (entrambe realizzate dallo studio Amanita Design caratterizzate dalle bellissime illustrazioni realizzate a mano e musiche originali), Old man’s journey (un’avventura grafica punta e clicca, vincitrice di diversi premi) sviluppano, attraverso una grafica e un’estetica del gioco di elevate caratteristiche, un’immersione in avventure grafiche che pongono al centro i grandi temi del prendersi cura delle amicizie, dei legami familiari, del rapporto con la natura, della ricerca di sé, a riprova che le app di narrazione videoludica permettono di attraversare e stimolare una variegata gamma di emozioni, domande e riflessioni, fin dalle proposte per i più piccoli.

Attenzione poi al PEGI Pan European Game Information, l’etichetta europea che in tutti i videogiochi e app indica l’età per cui sono adatti, per difficoltà, contenuti, tematiche: una importante bussola per genitori e figli nella scelta di videogioco giocare.

Spesso la regola più utilizzata per il controllo sul rapporto che hanno i propri figli rispetto ai videogiochi è il fattore tempo. Più che il tempo trascorso davanti al voideogioco o il tipo di azione, ciò su cui porre maggiormente l’attenzione è, infatti, la tipologia di contenuto.

Ogni videogioco, infatti, come ogni opera narrativa, ha una sua struttura (in capitoli, diremmo se fosse un libro; in tempi se fosse un film; in puntante se fosse un telefilm…), definita in livelli.

Se interrompo il gioco a metà di un livello, prima della possibilità di salvare, è come se vanificassi tutta l’esperienza vissuta fino a quel momento: è come se spegnessi lo schermo prima della fine del film; è come se imponessi di chiudere il libro a metà di una frase, di un paragrafo, di un capitolo.

È necessario partire dal dialogo.

Questo è il primo passo anche per evitare il rischio di dipendenza, rischio che appartiene ad ogni attività, che sia analogica o digitale, che diventa esclusiva e manipolativa del nostro tempo.

Il tempo di gioco va concordato chiedendo al proprio figlio e alla propria figlia di spiegarci a che punto è del gioco e quanto difficile pensa che sarà il livello. Chiedetegli una stima del tempo che pensa di impiegare: in questo modo lo si aiuta ad essere consapevole di quanto tempo dedica al gioco, di quanto impegno richiede e di decidere insieme a voi quanto utilizzarlo.

Partite dal riconoscimento dell’esperienza emotiva e cognitiva dei vostri figli vivono mentre videogiocano: “com’è andata oggi la sessione di gioco?”, “quali difficoltà hai incontrato?”, “raccontami cosa hai esplorato…”. Sono domande che possono aprire spazi inaspettati di confronto nella relazione tra genitori e figli. Se questo, poi, porta anche a spazi di videogiocate condivise, si possono abbattere stereotipi e pregiudizi: il fare insieme richiama sempre i concetti di scambio, interazione, dialogo, reciprocità, riconoscimento, scoperta.

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