Uno sguardo alle dipendenze digitali

8 Ottobre 2019

Tempo di lettura: 2 min.

Di recente è stato pubblicato un nuovo libro-guida per genitori dal titolo “Mio figlio non riesce a stare senza smartphone”, scritto da Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, esperto di dipendenze tecnologiche e cyberbullismo.

Dato che i nostri figli sono sempre più immersi nella tecnologia, l’autore si chiede come fare per aiutarli ad evitare che questa condizione si trasformi in una malattia.

Nel libro si parla dei cambiamenti della società, per capire quelli dell’individuo, e ci si addentra nelle dipendenze per capirne peculiarità e differenze. Spesso si sente parlare di “nomofobia”, ma anche di “Hikikomori”, o della dipendenza da videogiochi…

Ma cosa sono queste patologie, come riconoscerle e come prevenirle?

Lavenia ci spiega che esiste una paura intimamente legata alla Rete, quella di rimanere sconnessi, chiamata “nomofobia”. Chi ne soffre cerca il contatto continuo ed esasperato con lo smartphone, che gli dà la sensazione di avere tutto sotto controllo. Il rischio è quello di vivere episodi di ansia e depressione e di stare male alla sola idea di essere senza dispositivo.

“Hikikomori” invece è un termine giapponese e significa stare in disparte, isolarsi.
È un fenomeno presente anche in Italia e in tutto il mondo, e riguarda persone di diverse età, che si chiudono per giorni ma anche mesi nelle loro stanze, tendenzialmente al computer. In questo caso, spesso l’uso di internet rappresenta una conseguenza e non una causa dell’isolamento; i ragazzi trovano conforto e rassicurazione online perché non la trovano fuori e sono immersi nelle loro stanze senza contatto con altre persone. A volte Internet può diventare terapeutico perché diventa il primo canale con cui si mettono in contatto col mondo circostante.

Altro capitolo sono le dipendenze da videogiochi: chi ne soffre tende sempre più ad identificarsi con il personaggio del gioco, confondendo il mondo virtuale con quello dello schermo. Come per le altre dipendenze, un uso malsano è riconoscibile dal momento in cui il gioco inizia a togliere spazio a tutte le altre attività. Anche qui la dipendenza può manifestarsi con difficoltà di tipo relazionale ed emotivo.

Oltre a spiegare le maggiori patologie legate all’uso del digitale, il libro accompagna i genitori ad affrontarle, a prevenirle e a orientare i figli nell’utilizzo sano dei dispositivi.

A questo proposito ricorrono le parole chiave dei nostri esperti: condivisione, dialogo, ascolto, oltre a un continuo aggiornamento sui modi in cui i più giovani comunicano e si relazionano l’uno con l’altro. Ancora una volta troviamo un incentivo al genitore a trasformarsi sempre di più in educatore digitale:

Questo libro intende far luce su un’ansia frequente delle famiglie: “nostro figlio non riesce a stare senza cellulare”. Le ragioni possono essere tante, tra cui l’esempio che i bambini osservano a casa. Che rapporto hanno i genitori con la tecnologia? Riescono a stare senza o a limitarne l’uso? In queste domande non c’è giudizio, nemmeno velato.
C’è l’invito a fare chiarezza, insieme, su quanto sta succedendo o su quando potrebbe succedere. Il diventare genitori oggi richiede anche una complicità digitale, che bisogna conoscere. Che cosa stanno facendo i nostri figli online? A che cosa si stanno interessando? Che cosa gli piace di quello che osservano in rete? Vietare o proibire l’uso delle nuove tecnologie non serve. Serve invece comprendere, essere curiosi verso i loro stessi interessi e farsi dire cosa provano.

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